Erasmusbrug, Rotterdam, novembre 2018
Ci sono città che sono risorte dalle proprie ceneri, come fenici.
Dove la devastazione è stata un’occasione per reinventarsi, partendo dal passato per costruire il futuro.
La città in questo caso è Rotterdam ed il ponte che ci porta diretti nel futuro è l’Erasmusbrug.
Quella che oggi è la seconda città olandese, con il porto più grande d’Europa, fu rasa al suolo dalla Luftwaffe tedesca durante la seconda guerra mondiale, ma gli olandesi non si persero d’animo, tra gli anni 50 e 70 l’ambiente urbano venne ricostruito e anno dopo anno l’architettura della città continuò ad evolversi ed arricchirsi, rompendo completamente con il passato. Della Rotterdam di una volta rimane poco, tra cui quel piccolo gioiellino di quartiere di nome Delfshaven.
Simbolo e vero e proprio collegamento con il domani è il ponte di Erasmusbrug, costruito nel 1996 e soprannominato “De Zwann“, ovvero il Cigno, per la sua forma, collega il centro “storico” cittadino con il nuovo quartiere di Kop Van Zuid.
Dedicato ad Erasmo da Rotterdam, è discreto durante il giorno mimetizzantesi con il cielo e si rivela in tutto il suo avvenirismo durante la notte, quando le luci bianche ne esaltano il pilone da 139 metri ed i 32 tiranti, che sembrano prendere vita come le corde di un’arpa.
Rotterdam per la sua natura portuale è perennemente aperta al cambiamento e ad altre idee e culture; non a caso quasi la metà dei suoi abitanti sono stranieri ed il sindaco, Ahmed Aboutaleb, è di origini marocchine e fede musulmana. A Rotterdam si respira aria di tolleranza e speranza, dando spesso l’impressione di stare davvero nel futuro.
E non sarebbe certo un male se il futuro europeo fosse questo.